L’Ora ritorna sul <<luogo del delitto>> e ospita sulla sua pagina una replica articolata ad un articolo a firma di Lucio Tarricone su “LA VOCE DI NARDÒ” da parte dell’avv. Vincenzo Candido Renna.
Renata Fonte un capitolo tutt’altro che chiuso e siamo certi non finirà qui, neanche questa volta. Buona lettura 

LA VOCE DI NARDO’(numero di febbraio 2018) da pamphlet rinomato e anche raffinato pare essersi trasformato in poco più di un volantino di propaganda, un innaffiatoio o spargitore di deiezioni semantiche ed insulti verso cittadini e/o opinionisti contrari alle idee del salotto buono, o presunto tale,  della nostra città, che aspira a rappresentare quasi in esclusiva, vista la concorrenza del blog Porta di Mare.

I pensieri affettuosi rasenti la diffamazione (“campione dell’antimafia nostrana, meschino personaggio, ignorante vestito a festa”)  dedicatemi dai germani Tarricone, rispettivamente – Luciano, Direttore Responsabile del giornale e Lucio, penna di punta dello stesso, a proposito di una mia opinione espressa, per altro, in un contesto diverso, riguardante l’omicidio di Renata Fonte, mi spingono ad  ulteriori riflessioni.

E’ vero, presi posizione sul delitto Fonte in un commento Facebook,  dopo il tentativo non riuscito da parte di un hater di dileggiare la memoria di Renata Fonte e il dolore delle figlie, accusate, tra l’altro, di aver costruito una carriera e di speculare economicamente sull’omicidio e la memoria della madre.

L’Hater, in questione, di cui volutamente non farò il nome per non farlo assurgere a notorietà, un po’ come il pamphlet di Tarricone, si celò dietro le dichiarazioni anche queste virtuali ,del sig. Attilio Matrangola, già marito di Renata, che ha ritenuto, bontà sua, di prendere le distanze dalla fiction di Canale 5 inerente la storia sfortunata della moglie, nel modo che tutti abbiamo letto.

Anche “La Voce”, come il tizio che, a suo tempo, io intesi stigmatizzare, seppur con l’eleganza dell’elefante nella cristalleria, dispensa in favore delle figlie di Renata, delle raffinatezze di altri tempi, le carinerie servite su un vassoio d’argento per gli ospiti speciali: “… Né ci addentriamo, come alcuni hanno fatto, sulla circostanza che ai famigliari delle persone riconosciute <<vittime di mafia>> derivano <<benefici di carattere economico>>”.

 Il polemista della Voce, in una sorta di trance giornalistica, alla “Travaglio dell’Arneo”, oltre a dedicare spazio alle “infamanti e oltraggiose dichiarazioni” del sottoscritto, riserva, quasi una colonna intera alle dichiarazioni della figlia Viviana, QUASI, riuscendo nell’ambizioso tentativo di depotenziarne la portata contenutistica;, tuttavia, Tarricone supera se stesso, quando in modo illuminante afferma “….Non entriamo nel merito delle motivazioni con le quali la Commissione del Dipartimento Affari Civili del Ministero dell’Interno ha riconosciuto il carattere di vittima di mafia a Renata Fonte nel 2002, perché il discorso diventerebbe complesso dovendo dibattere di <<cultura mafiosa>>.

 Del resto, cosa può saperne di mafia e fenomeni mafiosi, una banale commissione del Ministero dell’Interno al cospetto di cotale giornale, che senza ombra di dubbio arriva alla conclusione peraltro anticipata nel titolo <<Ma Nardò non è una Città di Mafia>>.

Insomma la Mafia non esiste e se esiste è un po’ più in là. Mi sembra di averla già letta da qualche altra parte, questa affermazione e credo che basterebbe siffatta sfortunata conclusione del giornale, che, tuttavia, raccoglie gli umori del salotto buono (o presunto tale della città), che su questi argomenti si irrigidisce in un atteggiamento ostile, preconcetto orientato al silenzio lo stesso invocato dall’editore a fine pagina 13,(vedi pdf allegato) per legittimare “la divina pedata” invocata da Don Luigi Ciotti per la nostra città nel giorno del 30mo anniversario dell’omicidio di Renata .

A pensarci bene, l’abbinamento delle due locuzioni <<rispetto e silenzio>> suona infelice, quasi apologetico della omertà, regola non scritta della cultura mafiosa, proprio di quel fenomeno di cui “La Voce” non vuol sentire parlare neanche per idea, poiché lo ritiene assolutamente incoerente.

Per la verità una certa “timidezza” rispetto a siffatti temi non era passata inosservata anche a ridosso della sentenza di primo grado, del processo denominato SABR, con la quale la Corte d’Assise del Tribunale di Lecce ha riconosciuto nel nostro territorio il fenomeno della riduzione in schiavitù, né ancor prima sulla querelle seguita alla mancata costituzione di parte civile dell’Amministrazione comunale dell’epoca.

Siamo certi che le penne coraggiose della “VOCE” non hanno rinunciato a scrivervi nel merito per paura, ma solo perché è giusto farle maturare certe vicende processuali, un po’ come il caso FONTE, che come un vino pregiato più passa il tempo e più matura.

Da Giurista di strada, come amo definirmi, poi, mi inchino davanti alle allegazioni parziali della sentenza definitiva di condanna del Processo Fonte; un avvocato penalista bravo, ma bravo davvero, non sarebbe stato tanto abile, come il Tarricone che, forse agevolato dalla sua professione medica, che impone una certa abilità nel cucire parti anatomiche, ha saputo collazionare le parti della sentenza più congeniali al ragionamento dallo stesso portato avanti.

Pensate che, ad un certo punto della lettura, per paradosso, ho quasi indugiato nell’errore ermeneutico, arrivando a pensare che, i Giudici nel processo più che di Omicidio volontario in concorso avrebbero dovuto occuparsi di Concorso in Suicidio assistito.

Non fosse altro che per l’ammirazione che riservo a  Papa Francesco, faccio mie le sue parole <<…a parte Dio. Esistono solo verità relative quelle proprio dell’uomo>>.  La verità è quindi una specie di errore, imposto con la convinzione, con la forza con l’abilità capace di prevalere sulle convinzioni altrui.

E la “VOCE”, con l’articolo da me commentato, tenta di imporre la sua di verità, riportando, in modo studiato, alcune parole della sentenza, alcuni articoli di giornali, alcune dichiarazioni di taluni per carità anche autorevoli protagonisti della storia, come il sig. Matrangola; la trovata sulle minacce telefoniche, inesistenti o quasi, è davvero geniale, così come, la circostanza dell’assenza di utenza telefonica, che può essere smentita, banalmente, consultando un elenco telefonico dell’83.

Tuttavia nella stessa sentenza, dal giornale riportata a tratti, c’è scritto anche e soprattutto questo: << …L’imputato  (Spagnolo) però non si ferma, nel confidarsi con il Cesari ed il Cascione, solo a questi dati così soggettivi ma si decide, anche se solo per grandi linee, a tracciare l’intero quadro della situazione.  La Fonte, che occupa un posto che non le sarebbe spettato, ‘stava facendo perdere un sacco di soldi’ ostacolando un progetto di speculazione edilizia, la realizzazione di un residence sulla costa salentina, verso P/to selvaggio. Accenna poi, sempre vagamente, all’esistenza di altri cointeressati alla faccenda. Ciò è quanto riferisce il Cesari e quanto come teste dichiarerà il Cascione, sulla cui genuinità e credibilità…almeno su questo punto, non è certo consentito neanche per ipotesi dubitare, a meno che non si voglia insinuare che gli stessi inquirenti…glielo hanno suggerito! Allora non resta che riconoscere che ‘queste’ sono state le reali motivazioni che sono sicuramente reali, e sia perché l’imputato non aveva nessun interesse ad inventare un simile ‘arzigogolo’, e sia perché esse trovano conferma in altri che il processo ha offerto. Non si dimentichi infatti che tutta la seconda fase della istruttoria prende le mosse dal famoso rapporto del dott. Gerardi del 21.12.84, rapporto in cui si riferisce, tra le altre notizie, un dato estremamente significativo: la fonte confidenziale che pare abbia dato il via alla decisiva svolta nelle indagini, afferma che il delitto Fonte era stato deciso per ‘mettere sul Comune di Nardò una persona di fiducia’. In altri termini detta voce finisce per confermare proprio la versione che sul punto ci danno il Cesari ed il Cascione. Infatti nessun altro poteva occupare il posto della Fonte, oltre allo Spagnolo, in quanto costui era il primo dei non eletti; ed inoltre ‘persona di fiducia’ cosa sta a significare se non individuo che si ponga come mediatore di interessi non leciti di altri, e quali possono essere questi interessi se non quelli di una speculazione edilizia o comunque di uno sfruttamento territoriale di quella particolarissima zona intorno a P/to Selvaggio di cui tanto si è discusso e tanto ancor oggi si discute in un comune come quello di Nardò che offre in buona sostanza solo tali possibilità ad eventuali speculatori? L’obiezione che pure si è fatta con molta insistenza e relativa all’impossibilità concreta di ‘sfruttare’ P/to Selavaggio perché parco naturale, non tiene conto delle ‘italiche risorse’ e della incredibile capacità di tanti amministratori nostrani e delle loro cricche corporative di ‘portare avanti’ piani di lottizzazioni, insediamenti urbanistici, creazioni d’interi villaggi nonostante le innumerevoli leggi, leggine, decisioni ad alto livello, prese di posizioni, movimenti d’opinione, interpellanze parlamentari, che solo teoricamente hanno cercato di porre argine a tale fenomeno.>>

Lascio a chi avrà la voglia e il modo di leggere le mie riflessioni, di arrivare ad una idea convergente con la “VOCE” o divergente come la mia; io, evidentemente, resto dell’opinione che non esistono verità assolute, ma al più convinzioni invincibili, che come in questo caso si contrastano irrimediabilmente.

Tuttavia, non mi permetto di seguirli nella contumelia e quindi di apostrofare, in alcun modo, i germani Tarricone, che su questo, ma anche su altro divergono, diametralmente, dalla mia opinione, né adombro la metafora della c.d. “coda di paglia”, rispetto al loro risentimento sulla mia censura generalizzata, che ribadisco anche in questa occasione, su un’era politica e socio-economica in cui si è consumato l’omicidio di Renata Fonte.

Proprio perché non siamo ancora alla verità, non dobbiamo smettere di cercarla e io sarò accanto a Viviana, Sabrina, Don Luigi Ciotti, Carlo Bollino, Danilo Lupo e quanti altri vorranno cercarla allo scopo di fare piena luce su un episodio cosi drammatico che ha inaugurato la stagione di sangue della SCU nel Salento, piaccia o non piaccia.

Faccio mie le parole di Kafka: “Io sono ignorante, ma questo non significa, che la verità non esiste. A volte è fuori della nostra portata, ci sfugge, ma la verità esiste, e noi abbiamo il dovere di cercarla”.

Mi fermo qui, con questo auspicio e con l’augurio di aver chiarito la mia opinione, che per quanto sbagliata resta ancora legittima.

 

                                                                       Vincenzo Candido Renna

La Voce di Nardò :