“Potresti guardare qualsiasi immagine e dire: ‘Questa è una fotografia di Helmut Newton’. Non sono molti i fotografi di cui è possibile affermare ciò”. A dichiararlo è madame Anna Wintour, potentissima, e temutissima, storica direttrice di Vogue America. Un’asserzione che coglie in pieno quella che era forse la principale abilità del celebre fotografo tedesco, di cui il 31 ottobre 2020 ricorre il centenario della nascita, e cioè quella di aver saputo creare un suo stile personalissimo e ben riconoscibile, permeato da un indissolubile intreccio di provocazione e glamour.
Protagonista della fotografia del XX secolo, Helmut Newton è stato, ed è tuttora, tanto adorato quanto criticato. Le sue immagini controverse e dall’alto tasso erotico, con protagoniste modelle algide e sensuali, ambientate in set ricercati e condite da dettagli eccentrici e sovente fetish, continuano a far discutere e al contempo affascinare, innescando un sostanziale interrogativo: donna dominatrice o donna-oggetto? Un quesito che Newton di certo non si poneva, per lui contavano la libertà di fotografare e l’assenza di tabù. Antimoralista per eccellenza, considerava i concetti di “arte” e “buon gusto” in fotografia alla stregua di due parolacce e non si curava dei giudizi negativi, anzi ci rideva su, come quella volta in cui in un programma televisivo la scrittrice e filosofa statunitense Susan Sontag definì il suo lavoro “misogino”. Desiderio di fotografare, ma anche fotografare il desiderio: ecco l’essenza della lunga carriera di Helmut Newton.
Nato a Berlino il 31 ottobre 1920 in una ricca famiglia ebreo-tedesca, Helmut Neustädter – questo il suo nome di battesimo – trascorre l’infanzia e la prima giovinezza in un clima intriso di agio e rigore, tra vacanze alle terme, lezioni di ballo e letture “proibite” trafugate dalla libreria del padre.
La fotografia fa capolino nella sua vita molto presto. “È stato meraviglioso crescere in una città come Berlino. Quelli erano anni di vero fermento per la fotografia; mio padre aveva una macchina fotografica che mi ha sempre incuriosito, uno di quei modelli Kodak fatti a scatola, li aprivi e usciva fuori la macchina. Si chiamava Etui: ricoperta di pelle, aveva un dispositivo per la misurazione ottica dell’esposizione” – leggiamo nella sua Autobiografia (Contrasto, 2004) – “Mio padre faceva delle belle foto, tra cui quasi tutte quelle che mi ritraggono da bambino con mia madre. Ovviamente a me non la fece mai usare. Nel 1932 però, poco dopo essermi tagliato i capelli, comprai la mia prima macchina fotografica: un’Agfa Tengor Box, e ovviamente sappiamo come è andata a finire …
fonte RSI -ARTE