Nardò,1 novembre_di COSIMO POTENZA_Non resto indifferente dai pensieri monoteistici  che con una certa petulante costanza menti pensanti sfornano sui social.  Curioso come la loro costanza figlia di una perseveranza riconducibili a disfunzioni, è dettata da una frustrazione cronica. Palese la ,loro ,voglia di esternarla a noi volgo che viviamo il nostro tempo lontano anni luce dalla pochezza che affligge questa miseria umana in circolazione su agorà  “tritapensieri” … Si è scritto di tutto su questa patologia e i ricordi di letture vengono alla luce tanto da riportarle in questo mio punto di vista nel mio ozio creativo in questa giornata di festa .

 L’invidia è odio, è la base, se non lo zoccolo duro di tutte le psicopatologie. Perché se ti invidio, inevitabilmente voglio il tuo male, e se voglio il tuo male, inevitabilmente voglio il “mio” male. Dietro all’invidia si possono celare differenti sentimenti: senso di inferiorità, inadeguatezza, frustrazione, impotenza, odio e rabbia per il successo dell’altro che sembra oscurarci. Non percepiamo le nostre risorse, potenzialità e possibilità, ma il nostro pensiero si concentra sullo svalutare l’altro nel tentativo di preservare il nostro valore. Ricordate la favola della volpe e l’uva? La volpe, non potendo raggiungere l’uva, dice che è amara. Allo stesso modo, se svaluto l’altro e quello che ha, lo porto al mio livello e riesco così a mitigare il mio senso di inferiorità e frustrazione scaturito dal confronto. Svalutare ciò che non si può ottenere è dunque una strategia per nascondere i nostri limiti: è una sorta di autoinganno utilizzato dalla nostra mente per preservare il nostro ego.

Alcuni ricercatori hanno evidenziato come chi prova invidia non riesca ad instaurare relazioni positive con gli altri, restando bloccato in sentimenti come il risentimento, l’astio e la vergogna. Alla base vi è sempre un senso di insicurezza che porta ad una scarsa fiducia di sé, ad una bassa autostima e alla tendenza ad attribuire successi e insuccessi a cause esterne a sé, come la fortuna o la sfortuna….. L’invidia si caratterizza pertanto come desiderio ambivalente: avere ciò che gli altri hanno, oppure sperare che gli altri perdano quanto posseggono. In entrambe le opzioni, il confronto della propria situazione con quella delle persone invidiate costituisce il nucleo più intimo attorno al quale ruota l’esistenza della persona invidiosa. L’invidia diviene patologica nel momento in cui i desideri della persona danno concretamente il via ad azioni che effettivamente comportano un danno per l’altro. Tuttavia, anche a prescindere da casi in cui l’invidia è manifestamente patologica, è bene occuparsi di essa. perché è un sentimento doloroso, dal quale è difficile liberarsi attraverso riflessioni logiche e razionali. L’invidia è penosa per chi la sperimenta, perché comporta il vivere in pieno sentimenti negativi, quali il rancore, l’ostilità e l’odio. Questa parentela con un odio più o meno intenso, ha fatto si che l’invidia non fosse trascurata dalle religioni e dalla letteratura. Nella religione cattolica, per esempio, l’invidia è uno dei sette vizi capitali.

L’iconografia tradizionale la rappresenta con l’immagine di una donna vecchia, misera, zoppa e gobba, intenta a strapparsi dei serpenti dai  capelli per gettarli contro gli altri. Nel buddismo è considerata uno di quei fattori mentali che, facendo germogliare l’odio, accecano la personalità di un individuo. … Che Dio abbiate misericordia di noi!