I Carabinieri del R.O.S., il 3 gennaio 2018 hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal G.I.P. del Tribunale di Lecce su richiesta della Procura della Repubblica, nei confronti di MARCHELLO Omar, 39enne di Lizzanello, MAZZOTTA Carmine, 44enne di Lecce, e MERO Giuseppino, 53enne di Cavallino, (tutti allo stato detenuti per altra causa), in quanto ritenuti responsabili di concorso in omicidio aggravato e porto abusivo di armi.

Le condotte di cui i tre sono chiamati a rispondere, unitamente ad un quarto complice non destinatario del provvedimento cautelare, si riferiscono all’omicidio di MANCA Gabriele, scomparso da Lizzanello il 17 marzo 1999 e di cui veniva rinvenuto il cadavere il successivo 5 aprile in una zona di campagna ubicata sulla strada Lizzanello-Merine, a ridosso di un muretto a secco. Le prime indagini permisero di accertare che il giovane, 21enne originario di Lizzanello, era stato attinto da alcuni colpi di pistola cal. 7,65 alle spalle, alcuni dei quali esplosi a breve distanza. La morte fu collocata temporalmente dal medico legale in epoca compatibile con il giorno della scomparsa, mentre la ricostruzione effettuata sulla dinamica dell’azione di fuoco indusse a ritenere che la vittima era stata in parte colpita mentre tentava di darsi alla fuga e, in parte da breve distanza come se si fosse voluto dare il “colpo di grazia” dopo averlo ferito.

Le indagini svolte all’epoca già consentirono di inquadrare il contesto criminale nell’ambito del quale era maturato l’agguato, essendo stata principalmente accertata l’esistenza di un aspro contrasto in essere tra la vittima e uno degli arrestati, MARCHELLO Omar, il quale circa due anni prima dell’omicidio, nel corso di una discussione verosimilmente sorta per questioni legate al traffico di stupefacenti nel territorio di Lizzanello, era stato ferito al volto con un coltellino dallo stesso MANCA. A ciò era seguita la condotta ulteriormente irrispettosa che quest’ultimo aveva continuato a mantenere nei confronti di MARCHELLO Omar, accusato platealmente di essere un “infame” per aver sporto denuncia nei confronti di MANCA in seguito al ferimento. Circostanze queste che, insieme alla fermezza con cui la vittima aveva deciso di spacciare stupefacenti senza la “autorizzazione” criminale sul territorio controllato da MARCHELLO e dal gruppo a cui lo stesso faceva capo, si ritiene costituiscano il valido movente per l’eliminazione di MANCA Gabriele, i cui comportamenti non potevano essere tollerati senza che fosse minata la “credibilità” dell’associazione criminale operante su quel territorio.

A distanza di tempo, le dichiarazioni rese da alcuni collaboratori di giustizia e le attività di riscontro svolte, hanno permesso di consolidare il quadro accusatorio e delineare compiutamente le responsabilità contestate agli indagati nel provvedimento restrittivo emesso dal Tribunale lo scorso 21 dicembre 2017.

Tra questi, in particolare VERARDI Alessandro, esponente di vertice della frangia del sodalizio mafioso operante su Merine, Lizzanello e Cavallino, su un’area territoriale comprensiva quindi della zona in cui viveva  la vittima e in cui si era consumato l’omicidio, ha riferito che MARCHELLO Omar decise l’eliminazione fisica del MANCA insieme a MAZZOTTA Carmelo, anch’egli esponente del gruppo criminale operante su quel territorio e che l’agguato era stato teso grazie al contributo di MERO Giuseppino (anch’egli attivo nel traffico di sostanze stupefacenti nella medesima area) che lo aveva condotto nella campagna dove ad attenderlo vi erano gli altri indagati.

Un ulteriore elemento indiziario è stato raccolto a carico di MARCHELLO Omar in seguito ad alcune dichiarazioni raccolte nel 2015 nell’ambito di un altro procedimento penale, da cui è emerso che in un’occasione lo stesso MARCHELLO Omar, dopo un’aggressione a cui uno degli indagati aveva assistito, lo aveva espressamente minacciato affermando testualmente: “e tie non ha istu nienti se no te fazzu fare la fine ca n’aggiu fattu fare allu Gabriel Manca mangiato te li cani intru alle campagne”.

L’attualità dell’esigenze cautelari, nonostante la risalenza dei fatti nel tempo, resta concreta in considerazione del fatto che il delitto veniva compiuto in ambito associativo, risultando i tre indagati destinatari del provvedimento tuttora stabilmente e attivamente inseriti nel medesimo contesto delinquenziale.

Lecce, 3 gennaio 2018.